ECCOCI! La sanità di Udine in Piazza a Roma
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Primo Commento alla Legge di stabilità 2015
La
Segreteria Nazionale
Il percorso tracciato dalla politica
economica adottata dal Governo con questa legge di stabilità evidenzia, molto
più delle precedenti manovre, un netto e preciso disegno liberista che, forse
anche perché indifferente a qualsiasi ideale e valore, e' attuato senza nessuna
valutazione sul drammatico impatto che produrrà sui cittadini, la loro libertà,
i loro diritti di cittadinanza.
Infatti, dal punto di vista della
domanda questa legge di stabilità è disastrosa: determina un'ulteriore
diminuzione del potere d'acquisto, un conseguente calo dei consumi e quindi un
disincentivo alla produzione e all'occupazione stabile e di qualità.
Questa legge di stabilità, in
perfetta continuità con quelle precedenti, ha l'obiettivo di fare cassa
attraverso il blocco a tutto il 2015 dei contratti del pubblico impiego e apre
una prospettiva di ulteriore blocco per tre anni attraverso il rinvio
dell'indennità di vacanza contrattuale a tutto il 2018. Cioè condanna tre
milioni di persone alla sopravvivenza.
Sui ministeri si abbatte un taglio
lineare del 3%, pari a 15 miliardi, che si traduce in un rischio molto concreto
di diminuzione dei Fondi Unici di Ente e, quindi, di intervento anche sulle
retribuzioni dei dipendenti.
I tagli orizzontali, inoltre,
congelano ogni ipotesi di razionale riorganizzazione delle funzioni centrali già
impossibile a onere zero e decisamente assurda al meno 3%.
Il
taglio di sei miliardi agli enti locali e alle regioni, poi, se effettuato
rischia di avere una ricaduta drammatica sul processo di riordino istituzionale
e sulla sanità.
E’ fin troppo chiaro che un taglio
alle risorse degli enti territoriali non può che tradursi in un aumento di
tasse per i cittadini e in un aumento notevole del rischio di procedure di
dissesto finanziario degli enti locali con ripercussioni evidenti sui
lavoratori e sui servizi sia in termini di quantità che di qualità.
Il taglio alle regioni e' anche un
disincentivo alla cooperazione, ai servizi di assistenza domiciliare, in una
parola allo sviluppo del welfare locale; welfare inclusivo e universale con un
valore sociale ed economico enormemente più grande di 80euro per tre anni alle
neo mamme.
Anche il TFR dei lavoratori risulta compromesso dalla
manovra poiché sia nel caso che i lavoratori chiedessero volontariamente
l'anticipazione che nel caso di mantenimento nei fondi complementari c'è un
aggravamento della tassazione. E' evidente che il Governo ha scelto di colpire
i lavoratori, i pensionati e i piccoli risparmi e non i grandi patrimoni da cui
si potrebbero ricavare le risorse necessarie per uscire dalla crisi.
Nei settori privati ,poi, continua
la politica della carota e del bastone. Da un lato la conferma degli 80 Euro e
delle sue esclusioni – che non abbiamo condiviso- dall'altro risorse
insufficienti per gli ammortizzatori sociali, la riduzione del fondo per la
detassazione, l'assegnazione all'impresa della libertà di licenziamento ed il
mantenimento del supermercato del lavoro che lascia inalterata tutta la nociva
precarietà che sta avvelenando il Paese.
Tutto questo farà crescere il tasso
di povertà già spaventosamente alto.
E' questo il cambiamento di verso?
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